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Marco BERGAMO
Sara Di Marzio
Marco Bergamo nasce
a Bolzano nel 1966 ed ha un'infanzia difficile e solitaria.
Affetto da un
ritardo nel linguaggio già a soli 4 anni, poi l'obesità e la boriasi
contribuiranno a scatenare la sua chiusura verso il mondo:
introverso e con pochi amici, coltiva hobby come la fotografia,
l'automobilismo e le lunghe passeggiate in montagna.
Da ragazzo colleziona coltelli, tanto da portarne
sempre uno con se'.
Di intelligenza media, consegue un diploma e svolge
lavori manuali. Nessun precedente
penale per lui che, sonnambulo
e erotomane, ha comunque qualche piccola perversione sessuale:
ruba indumenti intimi femminili.
Nel maggio 1992, a
soli 26 anni, gli vien asportato un testicolo.
Bergamo apparentemente sembra un giovane come tanti,
ma si rivelerà presto un serial killer spietato e metodico.
E' il 3 gennaio 1985,
la prima vittima è Marcella Casagrande,
15 anni, viene ritrovata riversa sul pavimento di casa. La dinamica del
delitto rivela che chi l'ha compiuto aveva buona dimestichezza con il
coltello e un'ottima conoscenza dell'anatomia umana.
La giovane viene sorpresa da dietro, le vengono
inferte numerose coltellate, vengono sferrati colpi velocissimi come
proiettili, uno raggiunge la colonna vertebrale incidendo la decima
vertebra, poi la giovane viene tenuta per i capelli affinché il collo
resti immobile mentre l'assassino procede allo
scannamento.
Annamaria Cipolletti
è la seconda vittima, 40 anni. Di giorno insegnante di scuola media, di
sera Annamaria incontra uomini a pagamento, facendosi pagare molto bene
(dalle 100 alle 150 mila lire a prestazione). Viene ritrovata
scannata da 19 coltellate,
l'assassino le ha rubato gli indumenti intimi, ma non c'è
violenza sessuale. Un appunto
della donna dice: "Marco andato via".
La terza vittima è
Renate Rauch, di 24 anni, prostituta. La giovane viene
ritrovata cadavere in un parcheggio quasi deserto. Qualche giorno dopo,
sulla tomba di Renate verrà rinvenuto un mazzo di fiori con un biglietto:
"Mi spiace ma quello che ho fatto, doveva essere fatto e tu lo
sapevi: ciao Renate! Firmato M.M."
Gli inquirenti ipotizzano che la doppia "M", sia una
ripetizione spavalda del nome Marco.
Il 21 marzo 1992,
viene ritrovata la quarta vittima,
Renate Troger, prostituta di 18 anni.
La giovane viene ritrovata morta in un piazzale:
muore per strangolamento, poi
sgozzata e sul suo cadavere vengono inferte 14 coltellate.
La quinta e ultima vittima di Marco Bergamo è
Marika Zorzi, anche lei
prostituta diciottenne, scaricata agonizzante sul ciglio di una strada
dopo essere stata colpita da 28
coltellate: è il 6 agosto 1992,
compleanno di Bergamo, che il killer ha voluto festeggiare a modo suo.
Marco Bergamo viene
arrestato poco dopo il suo ultimo delitto e durante il processo
emerge la sua vera personalità. Bergamo
è un uomo spaventato dalle donne.
Una prostituta al processo racconta: "mi
spogliava e basta, mi chiedeva di vendergli la biancheria intima, ma non
potevo tornare a casa nuda".
Bergamo confessa solo tre dei cinque delitti e dice:
"Marika Zorzi, visto che avevo solo un testicolo, non voleva
continuare, le ho chiesto di ridarmi i soldi ma lei si è messa ad urlare,
le ho dato due schiaffi, mi ha aggredito dicendomi di essere un figlio
di puttana, solo questo ricordo". Poi continua: "Con Renate
Rauch ci sono andato solo per uscire dalla monotonia, invece di Marcella
Casagrande ricordo solo che avevo le punte delle dita sporche di sangue,
mi sono alzato e sono uscito".
Bergamo non aveva amicizie femminili, l'unica
relazione amorosa, avuta tra il 1990 e 1991, era durata 7 mesi e senza
rapporti sessuali: "lei non mi ha mai toccato nelle parti intime ed
io avevo paura di un suo rifiuto".
Bergamo odia le donne, di loro dice: "La donna è proprio un
essere ignobile, egoista, una persona che usa l'uomo, come l'uomo fuma
una sigaretta", insomma Bergamo aveva deciso di punire a modo suo
le donne, soprattutto le prostitute, le donne più accessibili.
Dopo un accurato
esame psichiatrico, Bergamo viene riconosciuto, seppur con una mente
fortemente disturbata, capace di intendere e volere nel momento degli
omicidi. Il processo viene trasmesso su Rai 3 e il padre di Bergamo, per
la vergogna, si impicca.
Nel processo emerge che per Bergamo uccidere
rappresenta la maggiore perversione, che ricorre in lui soprattutto la
notte, all'interno dei sogni. All'interno della sua confessione si
lascia andare ad alcune dichiarazioni in questo senso, come "Questa
notte per esempio le ho dovuto mettere una bomba in bocca per ucciderla,
2 caricatori non sono bastati" e "Nei sogni, quando colpisco le
donne, lo faccio al cuore e alla testa: si uccidono meglio, si centrano
gli organi vitali."
Marco Bergamo è
stato condannato all'ergastolo, anche se nel 2005 ha ottenuto
un permesso premio, notizia che ha sconvolto l'intero paese.
Il serial killer Marco Bergamo potrebbe tornare libero nel 2008
Maurizia Mazzotta Spitaler, la mamma di Marcella
Casagrande, chiede che il 13 dicembre prossimo la Corte d’assise non
transiga sui tre anni di isolamento «dimenticati» che Bergamo deve
ancora scontare. Ma per il serial killer bolzanino si apre una
prospettiva ancor più clamorosa: la semilibertà già la prossima estate.
In Italia la condanna all’ergastolo non è, infatti,
sinonimo di carcere a vita. Marco Bergamo si trova dietro le sbarre
dall’estate del 1992. Grazie agli abbuoni previsti nell’espiazione di
una condanna (45 giorni di sconto ogni sei mesi) nell’agosto dell’anno
prossimo Bergamo potrà rivendicare di aver già espiato 20 anni di
reclusione. E’ quello il primo requisito richiesto dal nostro
ordinamento perchè un condannato all’ergastolo possa chiedere di essere
ammesso al regime di semilibertà, uscendo dal carcere la mattina (qualora
dovesse dimostrare di aver l’opportunità di qualche lavoro) per
rientrarvi la sera. Le opportunità di tornare in libertà anche per un
ergastolano, poi, aumentano con il passare degli anni.
L’articolo 176 del codice penale prevede
espressamente che il condannato all’ergastolo possa essere ammesso alla
liberazione condizionale dopo 26 anni (lordi) trascorsi in carcere.
Ovviamente il ritorno alla libertà non è un diritto ma una opportunità
che il codice riconoscere anche agli ergastolani. Con un paio di
presupposti di fondo: che il condannato abbia dimostrato ravvedimento e
non risulti socialmente pericoloso. E qui le speranze di Marco Bergamo
di tornare alla vita civile sono destinate - è sperabile - a ridursi al
lumicino. Ne è convinto anche il sostituto procuratore Guido Rispoli,
autore dell’indagine che incastrò il serial killer bolzanino. «Uccideva
con il coltello perchè non riusciva ad avere un rapporto normale con le
donne - puntualizza il magistrato - Le uccideva sempre con una ventina
di coltellate all’altezza del petto. Secondo i periti era un modo per
mimare l’atto sessuale. Era nato con questo deficit strutturale ed era
spinto a risolvere con il coltello la sua incapacità sessuale. Oltre
alle donne uccise e alle loro famiglie, tra le vittime inserirei lo
stesso Bergamo, vittima di se stesso. Proprio per questo è da
considerare ancora oggi molto pericoloso».
Lui ammise nel corso dell’inchiesta questa sua
disfunzione?
«No, mai. Nel corso degli interrogatori ha sempre
cercato di giustificare i suoi delitti con le azioni delle vittime.
Marcella Casagrande fu colpita perchè aveva respinto un suo approccio,
le due prostitute perchè lo avevano deriso o disprezzato».
Sarebbe stato curabile?
«Non lo so. Era probabilmente difficile accorgersi in
tempo della disfunzione. Bergamo conduceva una vita normale, anche sul
lavoro era scrupoloso ed irreprensibile»
Per i periti era da considerare sano di mente...
«Vi fu, a dire il vero, una diatriba tra periti. Mi
ricordo che in un primo momento il professor Introna nel corso
dell’inchiesta aveva riconosciuto uno stato di semi imfermità mentale.
Poi in dibattimento la corte d’assise decise di procedere con una nuova
perizia affidata ad un collegio peritale di altissimo profilo che decise
che l’imputato dovesse essere considerato sano di mente».
«Certo. E’ realmente preoccupante la prospettiva che
Bergamo possa un giorno ottenere qualche provvedimento in grado di
rimetterlo a piede libero. Finchè avrà pulsioni sessuali il pericolo che
torni ad uccidere resta attuale ed altissimo. Soltanto se si fosse certi
che non avverte più pulsiosi sessuali si potrebbe modificare la
valutazione sulla sua pericolosità sociale. Anche in questo caso, però,
nessuno potrebbe avere la certezza che, a seguito di questa sua
personalità distorta, non provi comunque un’inclinazione ad andare ad
accoltellare una donna. Anche se nel corso di tutta la vicenda
processuale non mi ha mai dato l’impressione di essere un sadico. Non ha
mai ripercorso i momenti dei delitti con piacere. Anzi nelle descrizioni
era sfuggente...».