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Maurizio
MINGHELLA
A.K.A.: "The Valpocevera Strangler"
Date
Location: Genova/Torino, Italy
Status: Sentenced to life in prison in 1982. Released in 1995.
Sentenced to life in prison on June 8, 2005
Maurizio Minghella
(Genova, 16 luglio 1958) è un criminale e serial killer italiano,
condannato a 131 anni di carcere per aver commesso una serie di 10
omicidi di prostitute avvenuti fra il 1996 e il 2001 a Torino quando era
in semilibertà, dopo che aveva ucciso 5 donne a Genova nel 1978. Inoltre
è stato condannato per rapina, sequestro di persona e fuga dal carcere.
Biografia
Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958, vive nel
quartiere di Bolzaneto in val Polcevera, quando ha sei anni la madre si
separa dal marito e cresce da sola 5 figli, compreso Maurizio. Poi la
madre si lega ad un nuovo compagno che picchia tutta la famiglia e
comincia a covare un odio profondo definendo il convivente della madre
con queste parole al primo interrogatorio:
« Era un alcolizzato e ci menava di brutto. Lo
detestavo parecchio, sovente ho sognato di ucciderlo, stringendogli una
corda al collo da dietro le spalle »
Frequenta la scuola senza riuscire a superare la
seconda elementare, e a 12 anni frequenta ancora la prima. A scuola
prende i compagni per il collo e tappa loro il naso o la bocca[senza
fonte]. Lasciata la scuola si trova a fare piccoli lavoretti tra cui il
piastrellista, pur continuando sovente a rubare scooter, moto, Fiat 500
o Fiat 850 per sfrecciare in val Polcevera e dintorni. Donnaiolo, veniva
visto sempre con ragazze diverse ed era stato soprannominato il "Travoltino
della val Polcevera". Si appassiona al pugilato ma poi viene cacciato
dopo aver picchiato un ragazzo[senza fonte]. Un episodio che avrà poi
forti ripercussioni sulla sua psiche è la morte del fratello,
schiantatosi in moto.
Da questo episodio Minghella comincerà a sviluppare
una morbosa attrazione per i morti, specialmente di giovane età.
Riformato dal servizio di leva per disturbi psichici, sposa nel 1977 la
quindicenne Rosa Manfredi, dipendente dagli psicofarmaci. Il matrimonio
ha comunque vita breve: Minghella è un assiduo frequentatore di
prostitute, e la ragazza muore in seguito ad una overdose da farmaci
dopo un aborto spontaneo. L'aborto spontaneo traumatizza ulteriormente
il Minghella e la sua fragile personalità. Nel 1978 viene visitato nella
clinica psichiatrica dell'Università di Genova e al test del Q.I.
risulta di 70.
I primi omicidi del 1978
Il 18 aprile 1978 uccide a Genova la prostituta
ventenne Anna Pagano, nascondendone poi il cadavere nei pressi di
Trensasco, frazione di Sant'Olcese. Il cadavere è ritrovato da alcuni
pastori, ha la testa fracassata ed è stata seviziata con una penna a
sfera conficcata nell'ano. Inoltre Minghella tenta di depistare le
indagini scrivendo sul corpo "Brigate Rosse" con un errore di ortografia,
ma la polizia si accorge subito del depistaggio.
L'8 luglio uccide Giuseppina Jerardi a Genova con le
stesse modalità e nasconde il cadavere in un'auto rubata e abbandonata.
Il 18 luglio uccide Maria Catena "Tina" Alba di 14 anni, che viene
trovata a Valbrevenna nuda il giorno successivo, il corpo legato con una
specie di garrota ad un albero. Il 22 agosto uccide Maria Strambelli di
21 anni, commessa di origine barese, il corpo viene trovato a 3 giorni
dalla scomparsa nella periferia di Genova.
L'ultima vittima è Wanda Scerra di 19 anni, scomparsa
il 28 novembre. Il cadavere viene scoperto nella scarpata che costeggia
la ferrovia Genova-Milano nei pressi di Genova. La vittima è stata
violentata e strangolata.
L'arresto del 1978, il processo e
il carcere fino al 1995
Minghella viene arrestato e la notte tra il 5 e il 6
dicembre confessa l'uccisione della Strambelli e della Scerra, ma nega
le responsabilità degli altri omicidi. Viene richiesta una perizia
calligrafica tra la calligrafia di Minghella e il tentativo di
depistaggio ritrovato sul corpo di Anna Pagano. Sia la scrittura che la
penna usata per sodomizzare la vittima vengono ritenute di Minghella.
Per l'omicidio di Tina Alba, viene ritrovato un paio di occhiali di
Minghella sulla scena del crimine.
Il 3 aprile 1981 viene condannato dalla Corte
d'Assise di Genova all'ergastolo per i 5 omicidi da scontare presso il
carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro. In carcere si è sempre
proclamato innocente e negli anni Ottanta anche don Andrea Gallo chiese
la revisione del processo. Nel 1995, a 37 anni, ottiene la semilibertà e
viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino. Entra nella
comunità di recupero di don Ciotti, in una delle cooperative del Gruppo
Abele dove lavora come falegname dalle 17 alle 22.
Cronologia degli omicidi
accertati tra il 1996 e il 2001
Nel marzo 1997 uccide la prostituta
Loredana Maccario di 53 anni in casa della donna in via Principe Tommaso
nel quartiere torinese di San Salvario. A maggio strangola con il laccio
di una tuta da ginnastica a Caselette la prostituta marocchina di 27
anni Fatima H'Didou dopo averla picchiata e violentata.
Il 30 gennaio 1999 strangola con un foulard la
prostituta originaria di Taranto di 67 anni Cosima Guido detta "Gina"
nell'appartamento dove riceveva i clienti in piazza IV marzo, sempre nel
quartiere di San Salvario. Sulle scale del pied-à-terre della donna
vengono ritrovati due pezzi di carta assorbente da cucina con tracce
biologiche di Minghella.
Florentina "Tina" Motoc, 20 anni, viene uccisa nella
notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001. Percossa brutalmente al volto e
al capo, Minghella ha poi cercato di sbarazzarsi dei vestiti della
ragazza accendendo un piccolo falò.
È l'ultimo omicidio di Minghella: le tracce di DNA,
impronte complete o parziali ritrovate nei luoghi dei delitti, le
modalità simili degli omicidi e la fascia oraria in cui sono avvenuti
(tutti dopo le 17), portano la polizia ad arrestarlo.
Il nuovo arresto e il nuovo processo
Minghella viene arrestato il 7 marzo 2001 e a casa
sua vengono trovati i cellulari delle vittime con il numero di matricola
cancellato. Il cellulare di Minghella viene inoltre rintracciato nella
zona dove si trovava la Motoc la sera del delitto. Condotto nel carcere
delle Vallette, nella primavera 2001 tenta di evadere fuggendo dalla
lavanderia, ma riesce ad arrivare solo al primo muro di cinta.
Nella mattina del 2 gennaio 2003 si fa ricoverare per
dolori al petto e al braccio nel pronto soccorso del carcere, ma nel
pomeriggio fugge e prende un treno alla stazione di Torino Porta Nuova e
riesce ad arrivare a Biella. Viene arrestato alle 22 dello stesso giorno.
Sospettato di dieci omicidi di prostitute, ma
condannato solo per quattro di essi, il 4 aprile 2003 la Corte d'Assise
di Torino lo condanna all'ergastolo per l'omicidio della Motoc e a 30
anni di carcere per gli omicidi di Cosima Guido e Fatima H'Didou. Al
momento è rinchiuso in isolamento nel carcere di Poggioreale a Napoli.
Wikipedia.org
Maurizio Minghella
9
aprile 1978, Trensasco, entroterra nord
occidentale di Genova: alcuni pastori trovano il corpo senza vita di
Anna Pagano, 20 anni, una
prostituta dedita agli stupefacenti. Ha la testa fracassata, le gambe e
la schiena ricoperte di sgrammaticate scritte alludenti alle
Brigate Rosse.
L'assassino ha seviziato il cadavere, conficcando nella cavità anale
della vittima una penna a sfera.
Tre mesi più tardi, l'8
luglio 1978, un’altra donna,
Giuseppina Jerardi, 23 anni, viene trovata priva di vita su
un'automobile rubata e abbandonata alla periferia di Genova.
Undici giorni dopo, il
19 luglio, la polizia scopre
il terzo delitto: in uno spiazzo ai margini del torrente Brevenna viene
trovato il cadavere di Maria Catena
Alba, detta
Tina, appena
quattordicenne, scomparsa da casa il giorno precedente: il corpo, nudo,
era legato ad un albero con una grossa corda, alla maniera della
“garrota”. La morte è avvenuta, fu la risposta dei periti, per
strangolamento.
La
notte del 22 agostoMaria
Strambelli, 21 anni, una giovane commessa barese da pochi anni
a Genova, dopo aver trascorso la serata in compagnia di una amica, non
fa ritorno a casa e il suo cadavere, in avanzato stato di decomposizione,
viene trovato tre giorni dopo in un bosco a pochi chilometri dalla sua
abitazione, ancora una volta alla periferia nord occidentale della città.
L'ultimo delitto viene scoperto il
3 dicembre, lungo la scarpata
che costeggia la ferrovia Genova-Milano, dove giace il corpo di
Wanda Scerra, 19 anni,
scomparsa da casa la sera del 28
novembre. Anche in questo caso, come per la
Jerardi, la
Alba e la
Strambelli, la morte è stata
causata da strangolamento.
Le indagini, condotte dalla squadra
mobile genovese, puntano subito su
MaurizioMinghella,
23 anni, ex pugile dilettante di origine calabrese, piastrellista,
soggetto a turbe psico-sessuali, un giovane molto noto nella zona per il
suo carattere insofferente, esperto nei furti di automobili e,
soprattutto, abituale frequentatore di almeno due delle vittime.
Nella
notte tra il 5 e 6 dicembre, nel corso di un ennesimo
interrogatorio, Minghella crolla
e confessa i delitti di Maria
Strambelli e Wanda Scerra.
Nega, invece, quelli delle altre tre ragazze. Ma anche per i casi
insoluti la polizia sospetta subito di
Minghella: troppe analogie, troppi punti di contatto con le
morti di Wanda e
Maria. E’ così che, nel corso
di un supplemento di indagini, il nome di
Minghella viene avvicinato a
quelli di Anna Pagano e
Maria Catena Alba. Per la
prima gli indizi di colpevolezza si basano su una perizia calligrafica
compiuta sul corpo della ragazza. Le scritte inneggianti alle
Brigate Rosse sono opera,
secondo gli esperti, di Minghella.
Anche la penna conficcata nel corpo della
Pagano sarebbe stata di
proprietà del giovane. Per l'assassinio di
Maria Catena Alba la prova è
data, secondo l'accusa, dalla presenza, nell'appartamento di
Minghella, di un paio di
occhiali in possesso della ragazza al momento della sua uccisione.
Condannato all’ergastolo con sentenza definitiva nel
1982, la vicenda giudiziaria
di Maurizio Minghella che,
dopo aver ritrattato la sua confessione, accusando la polizia di
maltrattamenti, continua a professarsi innocente, sembra finire qui. In
carcere il suo comportamento è irreprensibile. In due circostanze, nel
1982 e ancora 17 anni dopo,
Minghella tenta vanamente la
via della revisione processuale.
Nel 1995
ottiene la semilibertà, può cioè uscire durante le ore diurne per
lavorare. Trova un lavoro da falegname in una struttura della
comunità del Gruppo Abele,
conosce una ragazza e da lei ha un figlio.
Conclusa la sua storia da serial killer, per lui
sembra cominciare quella di un uomo che sta pagando per i suoi delitti e
sta anche, lentamente, riabilitandosi. Ma, purtroppo, non è così.
Sul finire del 1996,
in coincidenza con alcune sue assenze dal lavoro, si registrano a Torino
e nei dintorni orrendi delitti di prostitute, violentate prima di essere
uccise. La polizia apre un’indagine e mette nel mirino proprio gli
spostamenti di Minghella.
Risultato: nel 2003, dopo
un’evasione durata appena poche ore,
Minghella viene condannato all’ergastolo per l'uccisione della
prostituta romena Tina Motoc e
a 30 anni ciascuno per gli omicidi di altre due prostitute, la
marocchina Fatima Didou e la
67/enne Cosima Guido.
Il sospetto degli inquirenti, però, è che il
curriculum criminale di Maurizio Minghella non sia ancoa completo Il
30 settembre dello stesso anno,
la corte d’ Appello di Torino conferma le condanne che
Maurizio Minghella
ha subito in primo grado, ma, per una complicata questione di procedura,
gli riducono la pena da due ergastoli a uno. L’8
giugno 2005 la prima sezione penale della Cassazione,
presieduta dal giudice Mario Sossi, conferma la condanna all'ergastolo.
Accusato dalle nuove
tecniche di indagini. E’ il serial killer di donne con più vittime
Niccolo' Zancan -
LaStampa.it
23/10/2008
TORINO - Maurizio
Minghella, 54 anni, vorrebbe uscire per un giorno dal carcere di Napoli.
Ha firmato la domanda per ottenere un permesso. Dopo la condanna a tre
ergastoli, dopo nove omicidi, dopo rapine e violenze carnali in serie,
dopo un’evasione durata tre giorni che risale al 2003, vorrebbe tornare
libero almeno per qualche ora. Permesso negato. Salvo sorprese, non gli
sarà concesso mai.
Secondo gli
investigatori lui è il serial killer più feroce della storia italiana.
Non solo per quello che i processi hanno stabilito con condanne
definitive, ma per quello che presto si potrebbe chiarire. La squadra
mobile ha riaperto sette vecchi fascicoli, omicidi avvenuti nel Torinese.
Se le sue responsabilità saranno provate, grazie a nuove tecniche,
Minghella diventerà l’assassino seriale italiano di donne col maggior
numero di vittime: sedici.
Nel 1978 massacra sei
donne a Genova, è arrestato e condannato. Liberato, si trasferisce a
Torino dove tra il 1996 e il 2001 ne uccide altre tre: Fatima ‘H Dido,
marocchina; Tina Motoc, moldava; e Cosima Guido, 63 anni. Viene
arrestato nel marzo 2001 dai detective del vicequestore Marco Basile.
Smascherato da Dna, impronte e testimonianze. Condanna definitiva nel
2005. Sempre ergastolo. La squadra «cold case», coordinata dal capo,
Sergio Molino (pm Sandro Ausiello), ha riaperto 7 fascicoli. Sette donne
massacrate tra il ‘96 e il 2001. I nomi: Floreta Skupe, 23 anni; Nadia
Shehu, albanese di 22; Carolina Gallone, 66; Loredana Maccario, 53;
Heriona Sulejmani, 16, strangolata in un bosco; Atli «Elisa» Isaku, 22;
Ebe Romano, 35, uccisa sul greto di un torrente. Il pm nel 2004 fu
costretto a chiedere l’archiviazione. Indizi «insufficienti».
Il caso di Nadia Shehu
è tra i più emblematici. L’avevano trovata all’alba del primo agosto
‘97. Stesa fra stracci, rifiuti e bottiglie rotte, sul pavimento di
un’ex concessionaria Alfa Romeo, rifugio di disperati e
tossicodipendenti. Dentro il capannone abbandonato in via Botticelli,
Nada Sheu aveva gridato senza potere essere sentita. Si era difesa con
tutte le sue forze: la minigonna rosa era alzata, il top rosso strappato
le lasciava scoperto un seno. Strangolata con la tracolla della sua
borsetta. Quasi una firma.
Ma le tracce genetiche
rilevate sulla scena si erano rivelate troppo labili per tentare una
comparazione. Anche le impronte digitali - seppur coincidenti in alcuni
punti con quelle del serial killer - erano parziali. Quindi
inutilizzabili.
L’annegato
Ora si riparte da qui.
I rilievi del ‘97 possono essere riletti con nuove tecniche. L’idea è
nata dopo il lavoro degli esperti della scientifica sul cadavere di un
marocchino, annegato ai Murazzi il 15 luglio. Riaffiorato 12 giorni più
tardi, il corpo era irriconoscibile. Anche le impronte digitali
sembravano inutili: si era formato il cosiddetto guanto epidermico,
quando la pelle si stacca e si perdono tutte le linee papillari, ombre,
creste e minuzie. Eppure fotografando quei poveri resti in digitale,
attraverso un sistema di luce radente, i poliziotti erano riusciti a
evidenziare i segni distintivi che rendono unica ogni persona.
Era solo il primo
passaggio. Gli esperti hanno messo in risalto le minuzie attraverso
ingrandimenti computerizzati, poi hanno inserito il file nella banca
data Afis, il cervellone che contiene tutte le impronte digitali
rilevate in Italia. Un motore di ricerca che verifica l'eventuale
coincidenza fra l’ultimo dato inserito e gli altri. Così la scientifica
di Torino era riuscita a risalire al nome del marocchino, così sta per
analizzare le impronte lasciate dall’assassino di Nadia.
Il pugile schizofrenico che strangola e dimentica
Diciotto anni di prigione; Liberato, torna a uccidere
Massimo Numa - LaStampa.it
22/10/2008
Maurizio Minghella aveva 18 anni. Casa a
Genova, al Giro del Vento, quartiere dormitorio, dedalo di palazzoni
popolari e un paio di discoteche. Fine anni ‘70. In Liguria, le Br
uccidono e rapiscono magistrati e manager. Lui fa il piastrellista e per
i giornali dell’epoca è il «Travoltino della Val Polcevera». Pugile
dilettante, naso rotto e muscoli scolpiti. Basso, robusto e simpatico.
Alle spalle una famiglia difficile e una serie di traumi da manuale
psichiatrico.
Orfano di padre, da bimbo vive col nuovo
compagno della madre, ubriaco e violento. Ai periti spiega: «Avevo un
sogno, afferrarlo da dietro le spalle, strangolarlo con un laccio, per
impedirgli di picchiare mamma». Tutte le sue vittime strangolate con
corde, cinture, lacci, calze, foulard. Poi la morte del fratello in un
incidente di moto. Così addolorato da nutrire una morbosa attrazione per
i morti in giovane età. Eccolo impegnato in macabri tour nelle camere
ardenti di ospedali e cimiteri, per osservare in diretta i cadaveri e il
dolore senza fine dei familiari. Sposa una minorenne genovese che ha una
gravidanza extra-uterina. Lui racconta: «Un giorno le venne una
terribile emorragia, usciva il sangue, tanto, un fiume. Mi inginocchiai
per fermarlo con le mani ma non ci riuscivo».
Diagnosi dei periti: «Soggetto cluster-b,
psico-nevrosi isterica». Cioé: «Disturbo istrionico di personalità,
caratterizzato da emotività eccessiva e caricaturale e dalla ricerca di
attenzione». Infine disturbi dissociativi: «Stanno a indicare non la
dissociazione psichica della schizofrenia ma una condizione in cui una
funzione psichica, come la memoria, è separata dalle altre funzioni
mentre di solito è integrata. Comprende l’ammesia associativa (dimentica
contenuti psichici passati con significato emotivo e traumatico) e
l’ammesia isterica, la fuga dissociativa».
Ragazze normali
Il quadro è questo. Negli anni genovesi, le
vittime le sceglie tra ragazze normali: la vicina di casa, la commessa,
quella conosciuta in discoteca. Ha una vecchia 500, ruba moto e auto.
Nessuno lo teme, tutti si fidano di lui. Finalmente arrestato, prima
confessa, poi ritratta e accusa: «Mi hanno torturato». Sulla schiena di
Anna Pagano, una delle sue vittime, scrive con il pennarello rosso: «Brigate
Rosa».
Condannato
all’ergastolo finisce a Porto Azzurro: 18 anni di carcere, un mito per
tutti i direttori. Servizievole, gran lavoratore, rispettoso delle
regole. Nel ‘95 ecco la libertà vigilata. Decide di trasferirsi a Torino,
assunto come falegname nella cooperativa «Piero&Gianni» del Gruppo Abele
di don Ciotti, dove la sorveglianza è un eufemismo. Entra ed esce come
gli pare. L’istinto omicida lo porta verso le prostitute, i soggetti più
indifesi. Doppia vita. Conosce Monica, torinese di buona famiglia.
Convive e ha un figlio (il cognome non è Minghella). La sua vita ha i
ritmi del mattatoio: sevizia, violenta, strangola, oltraggia i cadaveri.
Monotono, mai una variante. Donne giovani o anziane, scelte nei
quartieri dove via via si trova ad abitare o lavorare. Non ha mai
ammesso nulla ma ai periti confida: «Durante i rapporti sessuali, a
volte, mi viene un terribile mal di testa e non ricordo nulla».
Maurizio Minghella, il serial killer di prostitute
Di Enrica Papetti
17 giugno 2008
Uccide le prostitute, come nei fumetti, quelli di
sesso violento che è solito leggere. Lui è Maurizio Minghella, classe
1958, definito da tutti il più grande omicida seriale d'Italia. E' un
uomo come tanti, ma con una mente malata che cova un odio smisurato per
le donne, le sue vittime.
Ma andiamo con ordine e ricostruiamo la storia di
questo assassino e dei suoi efferati omicidi. Maurizio Minghella nasce a
Genova nel 1958. E' un pugile dilettante e ama passare ore e ore
all'obitorio per vedere da vicino i cadaveri e la disperazione dei
familiari. E' considerato da tutti "minus habilis", la sua personalità
si capisce fin da subito che è un po' particolare (eufemismi a
parte...). Il padre è un uomo violento. Minghella assiste spesso alle
percosse che sua madre deve continuamente subire; in un colloquio con
gli psichiatri, dirà di rammaricarsi per non averlo ucciso
strangolandolo con una corda. Proprio durante questi anni così difficili,
"cova" nella sua mente la serpe della morte che, per lui, diventa un
tamburo battente.
Minghella ha bisogno di uccidere, perché quando
ammazza si eccita. E le sue vittime sono le donne, in particolare
prostitute.
Ne uccide una dietro l'altra e più loro si agitano,
cercando di fuggire, maggiore cresce in lui il desiderio sessuale. Gli
omicidi iniziano il 9 aprile 1978 con la prima vittima, Anna Pagano, 20
anni, una prostituta "tossica". Viene ritrovata con il cranio fracassato,
le gambe e la schiena ricoperte di scritte che alludono alle Brigate
Rosse. Minghella ha seviziato la vittima, conficcandole nella cavità
anale una penna. Qualche mese più tardi, è la volta di Giuseppina
Jerardi, 23enne, trovata priva di vita all'interno di un'automobile.
Passano undici giorni, e, il 19 luglio, viene ritrovata Maria Catena
Alba, detta Tina, di 14 anni, con il corpo nudo legato ad un albero,
morta per strangolamento.
Ma il delitto più efferato di Minghella è quello di
Tina Motoc, 27 anni con un bambino di 2. Il capo della Omicidi, Marco
Basile, davanti al cadavere maciullato della donna, non riesce a
trattenere vomito e lacrime. La scia dei delitti sembra inarrestabile.
Condannato all'ergastolo nel 1982, il serial killer continua a
professarsi innocente. In carcere la sua condotta è ineccepibile:
Minghella si comporta bene, è un tipo tranquillo, non dà problemi. Nel
1995 ottiene il "premio" della semilibertà. Può uscire nelle ore diurne
per lavorare. Minghella trova lavoro come falegname nella comunità del
Gruppo Abele di don Ciotti. Lì conosce una donna da cui avrà un figlio
nel 1998. Si trova un appartamento dove poter andare a vivere con la sua
nuova compagna.
Sembra, dunque, che la sua esistenza, dopo la galera,
sia davvero cambiata. Ma non è così. Nel 1996, Minghella si assenta
sempre più spesso dal lavoro e, proprio in concomitanza di ciò,
avvengono a Torino orrendi delitti di prostitute, violentate e poi
barbaramente uccise. La polizia è costretta a riaprire l'indagine ed il
primo sospettato non può che essere Minghella. Nel 2003, dopo
un'evasione durata qualche ora, il serial killer delle prostitute viene
condannato all'ergastolo per l'uccisione di Tina Motoc, Fatima Didou,
strangolata con il laccio di una tuta da ginnastica, e la 67enne Cosima
Guido, condanna confermata l'8 giugno 2005 dalla Corte di Cassazione.
Dicono che solo una donna sia riuscita a salvarsi
dalla furia omicida di Minghella, per un'intuizione psicologica. Il "mostro
di Torino", infatti, sente la necessità di essere sempre gratificato
sotto l'aspetto sessuale: la sua mascolinità non deve essere mai
compromessa. La donna che riesce a mettersi in salvo gli dice: "Tu sei
un vero uomo, vorrei essere la tua donna".
Uccise quattro ragazze a Genova, semiliberta' per
ergastolano
GENOVA, 19 febrero 1999
Ha ottenuto la
semiliberta' Maurizio Minghella, oggi quarantenne, il serial killer
genovese, condannato in primo e secondo grado all' ergastolo, accusato
di aver ucciso nel '78, nel giro di pochi mesi, quattro ragazze.
Soprannominato il ''travoltino della Valpolcevera''
per il suo ''look'' da ''febbre del sabato sera'', Minghella, allora
ventenne, semino' il terrore nel capoluogo ligure, antesignano dei
delitti seriali commessi lo scorso anno da Donato Bilancia, reo confesso
di 17 omicidi.
Minghella, dopo vent' anni di detenzione, ha infatti
lasciato il carcere di Porto Azzurro e ora si trova a Torino dove
conduce una vita quasi normale: di giorno lavora e di notte torna a
dormire in carcere. Il beneficio gli e' stato concesso grazie alla buona
condotta tenuta tra le sbarre. I suoi difensori non escludono che fra
non molto Minghella possa ottenere l' affidamento ai servizi sociali e
tornare a casa, dai suoi familiari, che abitano nel capoluogo ligure nel
quartiere popolare del Giro del Vento. L' incubo che a Genova ci fosse
un serial killer duro' otto mesi.
Tutto comincio' l' 8 aprile del '78 cuando venne
trovato il corpo senza vita di Anna Pagano, a Costa di Trensasco. La
giovane era stata violentata e poi massacrata a colpi di pietra. Sul
corpo nudo un foglio con la scritta ''Moro Brigate Rose''. Erano i
giorni del sequestro del leader della Dc.
Il 19 luglio la stessa sorte
tocco' a Tina Catena Alba, di 14 anni, trovata appesa ad un albero, in
un boschetto, a Prelo, in Val Brevenna. Il 21 agosto venne scoperto in
un bosco vicino a Manesseno il cadavere di Anna Strambelli, di 21 anni,
violentata e strangolata. Infine, il 3 dicembre, l' ultimo delitto di
Minghella: Wanda Scerra, di 19 anni, fu trovata morta dopo una lunga
agonia, strangolata con la cintura del suo impermeabile.
Quest' ultimo
caso porto' sulle tracce del ''travoltino'', frequentatore di discoteche
e di prostitute. Il giovane venne fermato e interrogato. Tento' di
resistere alle contestazioni della polizia, infine crollo' confessando i
quattro delitti. Minghella dopo alcune ore ritratto', accusando di
essere stato picchiato per costringerlo a confessare. Venne condannato
all' ergastolo.
In seguito, nel '94, fu chiesta la revisione del
processo sulla base di una perizia grafologica per dimostrare che il
primo delitto non era da attribuire a Minghella in modo da demolire la
tesi, sostenuta dall' accusa, dei delitti seriali, tutti concatenati tra
di loro. Ma questa istanza venne respinta in aula, al termine del
procedimento. (ANSA).
Omicidi prostitute: 20 anni fa un serial killer
GENOVA, 31 marzo 2001
Aveva 20 anni Maurizio Minghella nel
1978 e faceva il piastrellista, con un breve passato di pugile
dilettante ed un presente di piccoli furti d'auto. Condannato
all'ergastolo per quattro omicidi, avvenuti alla periferia di Genova tra
la primavera e il dicembre di quell'anno, fortemente sospettato per un
quinto delitto - mai provato - Minghella e' considerato uno dei primi
''serial killer'' italiani a sfondo sessuale. A scatenare la sua furia -
come racconto' lui stesso agli agenti della squadra mobile di Genova -
era la vista del sangue mestruale.
Prima del suo arresto, avvenuto nella notte tra il 5
e il 6 dicembre 1978 e della confessione - limitata pero' a soli due
omicidi - Genova aveva vissuto lunghi mesi con la psicosi del ''mostro''.
I cinque delitti infatti avevano analogie inconfondibili: l'assassino
aveva strangolato le vittime su automobili rubate, le aveva violentate,
dopo averle spogliate e seviziate, in tutti e cinque i casi le ragazze
erano in periodo mestruale.
La serie degli omicidi comincio' il 9 aprile
1978, a Trensasco, nell'entroterra nordoccidentale di Genova, quando
alcuni pastori trovarono il corpo di una prostituta, Anna Pagano. Aveva
la testa fracassata e sul corpo scritte sgrammaticate che alludevano
alle ''Brigate Rosse''.
L'8 luglio il secondo delitto, ancora una
prostituta. La donna, Giuseppina Jerardi, di 23 anni, venne trovata su
un'automobile rubata alla periferia della citta'.
Undici giorni dopo, il
19 luglio, la polizia scopri' il terzo delitto: in uno spiazzo ai
margini del torrente Brevenna fu trovato il cadavere di Maria Catena
Alba, detta ''Tina'', scomparsa da casa il giorno precedente.
Il 25
agosto venne scoperto il corpo straziato di Maria Strambelli, una
giovane commessa barese da pochi anni a Genova. L'ultimo delitto fu
scoperto il 3 dicembre, lungo la scarpata che costeggia la ferrovia
Genova-Milano: Wanda Scerra, anche lei commessa, era scomparsa da casa
il 28 novembre.
Fu proprio nel corso dei frenetici interrogatori
successivi a quest'ultimo omicidio che Maurizio Minghella confesso' di
aver ucciso la stessa Sciarra e Maria Strambelli. Prove schiaccianti gli
attribuirono, nel corso del processo anche gli omicidi di Maria Catena
Alba e Anna Pagano. Che lui fosse anche l'assassino di Giuseppina
Jerardi non e' mai stato provato.
Omicidi prostitute: Sciopero fame presunto serial killer
TORINO, 30 marzo 2001
Fa da quattro giorni lo sciopero della fame in carcere
Maurizio Minghella, l' ergastolano genovese in semilibertà sospettato
di essere stato il serial killer di una decina di prostitute torinesi.
L'
ex pugile di 44 anni si trova rinchiuso in una cella delle Vallette dal
7 marzo. L' arresto è scattato per l' accusa di rapina. Nel settembre
scorso avrebbe aggredito, violentato e picchiato una giovane albanese
nei pressi di Torino, ad Alpignano. Ma è anche indagato per l'
assassinio di una marocchina, Fatima H'Didou, avvenuto nel'97 a
Caselette (Torino), e per quello di una moldava, Tina Motoc, seviziata e
assassinata nel febbraio scorso, a Collegno (Torino). Entrambe sono
state strangolate e in entrambi i casi gli inqirenti hanno trovato sul
loro corpo del materiale organico dell' omicida.
La magistratura ha ordinato di mettere a confronto il Dna di quei reperti con quello di
Minghella. Un' anticipazione della perizia ha riscontrato delle
compatibilità che però non dimostrano ancora nulla: solo i risultati
definitivi del test, che si avranno a metà della prossima settimana,
saranno decisivi per l' inchiesta.
L'
ergastolano, condannato nell' 81 a Genova per l' omicidio di quattro
ragazze, riceverà oggi in carcere la visita del suo difensore, l'
avvocato Enrico Franchini di Genova. Per ora ha sempre respinto ogni
addebito.(ANSA).
Omicidi prostitute a Torino, indagini su ergastolano
TORINO, 29 marzo 2001
Sono per ora solo indizi quelli che hanno portato la
polizia di Torino a sospettare che un ergastolano in semilibertà,
condannato per aver ucciso 4 ragazze a Genova, si sia reso responsabile
dell' uccisione di numerose prostitute nel torinese.
Per
collaborare alle indagini sono arrivati a Torino anche gli specialisti
della cosiddetta «squadra antimostro» della direzione centrale della
polizia. L' uomo, Maurizio Minghella, 44 anni, è in carcere con l'
accusa di avere rapinato in febbraio una prostituta ad Alpignano, nel
torinese. E' anche indagato per l' omicidio di un' altra e per questo
secondo fatto il magistrato inquirente ha ordinato l' esame del Dna.
La notizia che Minghella potrebbe essere un serial killer di prostitute
è stata riportata oggi dalla «Stampa». La polizia mantiene il riserbo
sull' indagine e sostiene che «è ancora prematuro trarre delle
conclusioni». Ma si sa che ha riaperto i fascicoli di almeno 10 delitti
avvenuti dal'96 in poi. Ex pugile, Minghella fu definito il'mostro di
Genovà per avere ucciso oltre 20 anni fa quattro ragazze incontrate in
discoteca.
Condannato all' ergastolo nel'78, semilibero dal'95, è stato nuovamente
arrestato dalla squadra mobile di Torino il 7 marzo.
Ad
accusarlo della rapina vi sono la descrizione della vittima, una giovane
dell' Est europeo, e ad alcuni numeri di targa che hanno portato al suo
motorino.
Serial killer genovese accusato 10 omicidi
TORINO, 11 octubre 2001
Avrebbe compiuto dieci omicidi Maurizio Minghella, 43
anni, il serial killer genovese già condannato all' ergastolo,
arrestato lo scorso 7 marzo a Torino, dove era in regime di semilibertà,
con l'accusa di violenza e rapina ai danni di una prostituta albanese.
Per due
omicidi l'uomo ha ricevuto una misura cautelare, per gli altri otto è
stato solo indagato. A Minghella, hanno precisato oggi il pm Roberto
Sparagna e la squadra mobile di Torino, è stata inoltre notificata
un'ordinanza di custodia cautelare per violenza e rapina ai danni di
altre 11 prostitute, quasi tutte extracomunitarie. Il sospetto,
confermato in alcuni casi, è che le ragazze si siano salvate
miracolosamente dalla furia omicida dell'uomo.
Il serial
killer genovese, condannato all'ergastolo nell'81 per quattro omicidi
avvenuti nel'78 nel capoluogo ligure, viveva a Torino dal'95, ma
soltanto dopo l'omicidio di una romena, a Collegno (Torino) nel febbraio
scorso, la polizia, analizzando tutti i delitti di prostitute avvenuti
nel torinese dal dicembre del'95, e' risalita a Maurizio Minghella. In
particolare, grazie al liquido seminale contenuto in un preservativo
ritrovato sulla coscia della vittima, l'uomo ha ricevuto la misura
cautelare per l'omicidio di H'Didou Fatima, una marocchina strangolata a
Caselette nel maggio del'97.
Il secondo delitto per cui e' stato emesso
un provvedimento cautelare è invece quello della romena Tina Motoc, 21
anni, madre di una bambina di due anni, uccisa il 9 febbraio di
quest'anno in un canale lungo la tangenziale torinese e ritrovata solo
dopo otto giorni.
A
incastrare il serial killer sono il telefono cellulare della ragazza,
usato da Minghella e dai suoi familiari dal 9 febbraio al giorno in cui
è stato arrestato, e un paio di scarponi sui quali è stato trovato lo
stesso terriccio del luogo dove è stato trovato il cadavere. Inoltre,
attraverso un altro cellulare di proprietà dell'uomo, la polizia ha
avuto la certezza che l'ergastolano il 9 febbraio era nella zona in cui
è stato trovato il cadavere.
Fino al
momento dell'arresto, Minghella era in regime di semilibertà. Usciva
alle 17 dal carcere della Vallette per andare a lavorare come falegname
in una cooperativa del Gruppo Abele e alle 22 doveva ritornare
nell'istituto di pena, tranne nei giorni festivi e prefestivi quando era
in libertà dalle 7 alle 22.
Proprio gli orari in cui sono avvenuti gli
omicidi e le rapine, tutti dopo le 17, e il loro «modus operandi» (l'aggressore
picchiava violentemente le donne, le violentava e poi le rapinava) hanno
permesso agli investigatori di collegare gli episodi all' ergastolano
genovese, che utilizzava sempre un motorino poi sequestrato dalla
polizia e riconosciuto dalle donne rapinate.
Più volte
interrogato dagli inquirenti, Maurizio Minghella si è sempre avvalso
della facoltà di non rispondere. Nei suoi confronti il pm Sparagna ha
chiesto una perizia psichiatrica per conoscere se al momento degli
omicidi e le rapine avesse la capacità di intendere e di volere: i
risultati si conosceranno all'inizio del prossimo mese.
Resta il fatto
che l'uomo, a detta di coloro che lavoravano con lui nella cooperativa e
degli operatori del carcere, si è sempre comportato correttamente,
senza lasciare adito a nulla. Un particolare, quest'ultimo, che può
spiegare cosa è successo il 9 febbraio quando, una volta giunto nella
cooperativa, Minghella ha detto nel pomeriggio di sentirsi male e gli è
stato concesso di tornare in carcere.
L'uomo
invece non lo ha fatto e, secondo la polizia, è andato a uccidere, Tina
Motoc.