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Maurizio MINGHELLA

 
 
 
 
 

 

 

 

 


A.K.A.: "The Valpocevera Strangler"
 
Classification: Serial killer
Characteristics: Necrophilia
Number of victims: 4 - 9 +
Date of murders: 1978 / 1996 - 2001
Date of arrest: March 2001
Date of birth: 1954
Victims profile: Anna Pagano, 20 / Giuseppina Jerardi, 23 / Maria Catena Alba, 14 / Maria Strambelli, 21 / Wanda Scerra, 19 / Loredana Maccario, 53 / Fatima H'Didou, 27 / Cosima Guido, 63 / Tina Motoc, 27 (prostitutes)
Method of murder: Strangulation / Beating with a rock
Location: Genova/Torino, Italy
Status: Sentenced to life in prison in 1982. Released in 1995. Sentenced to life in prison on June 8, 2005
 
 
 
 
 
 

Maurizio Minghella (Genova, 16 luglio 1958) è un criminale e serial killer italiano, condannato a 131 anni di carcere per aver commesso una serie di 10 omicidi di prostitute avvenuti fra il 1996 e il 2001 a Torino quando era in semilibertà, dopo che aveva ucciso 5 donne a Genova nel 1978. Inoltre è stato condannato per rapina, sequestro di persona e fuga dal carcere.

Biografia

Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958, vive nel quartiere di Bolzaneto in val Polcevera, quando ha sei anni la madre si separa dal marito e cresce da sola 5 figli, compreso Maurizio. Poi la madre si lega ad un nuovo compagno che picchia tutta la famiglia e comincia a covare un odio profondo definendo il convivente della madre con queste parole al primo interrogatorio:

« Era un alcolizzato e ci menava di brutto. Lo detestavo parecchio, sovente ho sognato di ucciderlo, stringendogli una corda al collo da dietro le spalle »

Frequenta la scuola senza riuscire a superare la seconda elementare, e a 12 anni frequenta ancora la prima. A scuola prende i compagni per il collo e tappa loro il naso o la bocca[senza fonte]. Lasciata la scuola si trova a fare piccoli lavoretti tra cui il piastrellista, pur continuando sovente a rubare scooter, moto, Fiat 500 o Fiat 850 per sfrecciare in val Polcevera e dintorni. Donnaiolo, veniva visto sempre con ragazze diverse ed era stato soprannominato il "Travoltino della val Polcevera". Si appassiona al pugilato ma poi viene cacciato dopo aver picchiato un ragazzo[senza fonte]. Un episodio che avrà poi forti ripercussioni sulla sua psiche è la morte del fratello, schiantatosi in moto.

Da questo episodio Minghella comincerà a sviluppare una morbosa attrazione per i morti, specialmente di giovane età. Riformato dal servizio di leva per disturbi psichici, sposa nel 1977 la quindicenne Rosa Manfredi, dipendente dagli psicofarmaci. Il matrimonio ha comunque vita breve: Minghella è un assiduo frequentatore di prostitute, e la ragazza muore in seguito ad una overdose da farmaci dopo un aborto spontaneo. L'aborto spontaneo traumatizza ulteriormente il Minghella e la sua fragile personalità. Nel 1978 viene visitato nella clinica psichiatrica dell'Università di Genova e al test del Q.I. risulta di 70.

I primi omicidi del 1978

Il 18 aprile 1978 uccide a Genova la prostituta ventenne Anna Pagano, nascondendone poi il cadavere nei pressi di Trensasco, frazione di Sant'Olcese. Il cadavere è ritrovato da alcuni pastori, ha la testa fracassata ed è stata seviziata con una penna a sfera conficcata nell'ano. Inoltre Minghella tenta di depistare le indagini scrivendo sul corpo "Brigate Rosse" con un errore di ortografia, ma la polizia si accorge subito del depistaggio.

L'8 luglio uccide Giuseppina Jerardi a Genova con le stesse modalità e nasconde il cadavere in un'auto rubata e abbandonata. Il 18 luglio uccide Maria Catena "Tina" Alba di 14 anni, che viene trovata a Valbrevenna nuda il giorno successivo, il corpo legato con una specie di garrota ad un albero. Il 22 agosto uccide Maria Strambelli di 21 anni, commessa di origine barese, il corpo viene trovato a 3 giorni dalla scomparsa nella periferia di Genova.

L'ultima vittima è Wanda Scerra di 19 anni, scomparsa il 28 novembre. Il cadavere viene scoperto nella scarpata che costeggia la ferrovia Genova-Milano nei pressi di Genova. La vittima è stata violentata e strangolata.

L'arresto del 1978, il processo e il carcere fino al 1995

Minghella viene arrestato e la notte tra il 5 e il 6 dicembre confessa l'uccisione della Strambelli e della Scerra, ma nega le responsabilità degli altri omicidi. Viene richiesta una perizia calligrafica tra la calligrafia di Minghella e il tentativo di depistaggio ritrovato sul corpo di Anna Pagano. Sia la scrittura che la penna usata per sodomizzare la vittima vengono ritenute di Minghella. Per l'omicidio di Tina Alba, viene ritrovato un paio di occhiali di Minghella sulla scena del crimine.

Il 3 aprile 1981 viene condannato dalla Corte d'Assise di Genova all'ergastolo per i 5 omicidi da scontare presso il carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro. In carcere si è sempre proclamato innocente e negli anni Ottanta anche don Andrea Gallo chiese la revisione del processo. Nel 1995, a 37 anni, ottiene la semilibertà e viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino. Entra nella comunità di recupero di don Ciotti, in una delle cooperative del Gruppo Abele dove lavora come falegname dalle 17 alle 22.

Cronologia degli omicidi accertati tra il 1996 e il 2001

Nel marzo 1997 uccide la prostituta Loredana Maccario di 53 anni in casa della donna in via Principe Tommaso nel quartiere torinese di San Salvario. A maggio strangola con il laccio di una tuta da ginnastica a Caselette la prostituta marocchina di 27 anni Fatima H'Didou dopo averla picchiata e violentata.

Il 30 gennaio 1999 strangola con un foulard la prostituta originaria di Taranto di 67 anni Cosima Guido detta "Gina" nell'appartamento dove riceveva i clienti in piazza IV marzo, sempre nel quartiere di San Salvario. Sulle scale del pied-à-terre della donna vengono ritrovati due pezzi di carta assorbente da cucina con tracce biologiche di Minghella.

Florentina "Tina" Motoc, 20 anni, viene uccisa nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001. Percossa brutalmente al volto e al capo, Minghella ha poi cercato di sbarazzarsi dei vestiti della ragazza accendendo un piccolo falò.

È l'ultimo omicidio di Minghella: le tracce di DNA, impronte complete o parziali ritrovate nei luoghi dei delitti, le modalità simili degli omicidi e la fascia oraria in cui sono avvenuti (tutti dopo le 17), portano la polizia ad arrestarlo.

Il nuovo arresto e il nuovo processo

Minghella viene arrestato il 7 marzo 2001 e a casa sua vengono trovati i cellulari delle vittime con il numero di matricola cancellato. Il cellulare di Minghella viene inoltre rintracciato nella zona dove si trovava la Motoc la sera del delitto. Condotto nel carcere delle Vallette, nella primavera 2001 tenta di evadere fuggendo dalla lavanderia, ma riesce ad arrivare solo al primo muro di cinta.

Nella mattina del 2 gennaio 2003 si fa ricoverare per dolori al petto e al braccio nel pronto soccorso del carcere, ma nel pomeriggio fugge e prende un treno alla stazione di Torino Porta Nuova e riesce ad arrivare a Biella. Viene arrestato alle 22 dello stesso giorno.

Sospettato di dieci omicidi di prostitute, ma condannato solo per quattro di essi, il 4 aprile 2003 la Corte d'Assise di Torino lo condanna all'ergastolo per l'omicidio della Motoc e a 30 anni di carcere per gli omicidi di Cosima Guido e Fatima H'Didou. Al momento è rinchiuso in isolamento nel carcere di Poggioreale a Napoli.

Wikipedia.org

 
 

Maurizio Minghella

9 aprile 1978, Trensasco, entroterra nord occidentale di Genova: alcuni pastori trovano il corpo senza vita di Anna Pagano, 20 anni, una prostituta dedita agli stupefacenti. Ha la testa fracassata, le gambe e la schiena ricoperte di sgrammaticate scritte alludenti alle Brigate Rosse. L'assassino ha seviziato il cadavere, conficcando nella cavità anale della vittima una penna a sfera.

Tre mesi più tardi, l'8 luglio 1978, un’altra donna, Giuseppina Jerardi, 23 anni, viene trovata priva di vita su un'automobile rubata e abbandonata alla periferia di Genova.

Undici giorni dopo, il 19 luglio, la polizia scopre il terzo delitto: in uno spiazzo ai margini del torrente Brevenna viene trovato il cadavere di Maria Catena Alba, detta Tina, appena quattordicenne, scomparsa da casa il giorno precedente: il corpo, nudo, era legato ad un albero con una grossa corda, alla maniera della “garrota”. La morte è avvenuta, fu la risposta dei periti, per strangolamento.

La notte del 22 agosto Maria Strambelli, 21 anni, una giovane commessa barese da pochi anni a Genova, dopo aver trascorso la serata in compagnia di una amica, non fa ritorno a casa e il suo cadavere, in avanzato stato di decomposizione, viene trovato tre giorni dopo in un bosco a pochi chilometri dalla sua abitazione, ancora una volta alla periferia nord occidentale della città.

L'ultimo delitto viene scoperto il 3 dicembre, lungo la scarpata che costeggia la ferrovia Genova-Milano, dove giace il corpo di Wanda Scerra, 19 anni, scomparsa da casa la sera del 28 novembre. Anche in questo caso, come per la Jerardi, la Alba e la Strambelli, la morte è stata causata da strangolamento.

Le indagini, condotte dalla squadra mobile genovese, puntano subito su Maurizio Minghella, 23 anni, ex pugile dilettante di origine calabrese, piastrellista, soggetto a turbe psico-sessuali, un giovane molto noto nella zona per il suo carattere insofferente, esperto nei furti di automobili e, soprattutto, abituale frequentatore di almeno due delle vittime.

Nella notte tra il 5 e 6 dicembre, nel corso di un ennesimo interrogatorio, Minghella crolla e confessa i delitti di Maria Strambelli e Wanda Scerra. Nega, invece, quelli delle altre tre ragazze. Ma anche per i casi insoluti la polizia sospetta subito di Minghella: troppe analogie, troppi punti di contatto con le morti di Wanda e Maria. E’ così che, nel corso di un supplemento di indagini, il nome di Minghella viene avvicinato a quelli di Anna Pagano e Maria Catena Alba. Per la prima gli indizi di colpevolezza si basano su una perizia calligrafica compiuta sul corpo della ragazza. Le scritte inneggianti alle Brigate Rosse sono opera, secondo gli esperti, di Minghella. Anche la penna conficcata nel corpo della Pagano sarebbe stata di proprietà del giovane. Per l'assassinio di Maria Catena Alba la prova è data, secondo l'accusa, dalla presenza, nell'appartamento di Minghella, di un paio di occhiali in possesso della ragazza al momento della sua uccisione.

Condannato all’ergastolo con sentenza definitiva nel 1982, la vicenda giudiziaria di Maurizio Minghella che, dopo aver ritrattato la sua confessione, accusando la polizia di maltrattamenti, continua a professarsi innocente, sembra finire qui. In carcere il suo comportamento è irreprensibile. In due circostanze, nel 1982 e ancora 17 anni dopo, Minghella tenta vanamente la via della revisione processuale.

Nel 1995 ottiene la semilibertà, può cioè uscire durante le ore diurne per lavorare. Trova un lavoro da falegname in una struttura della comunità del Gruppo Abele, conosce una ragazza e da lei ha un figlio.

Conclusa la sua storia da serial killer, per lui sembra cominciare quella di un uomo che sta pagando per i suoi delitti e sta anche, lentamente, riabilitandosi. Ma, purtroppo, non è così.

Sul finire del 1996, in coincidenza con alcune sue assenze dal lavoro, si registrano a Torino e nei dintorni orrendi delitti di prostitute, violentate prima di essere uccise. La polizia apre un’indagine e mette nel mirino proprio gli spostamenti di Minghella. Risultato: nel 2003, dopo un’evasione durata appena poche ore, Minghella viene condannato all’ergastolo per l'uccisione della prostituta romena Tina Motoc e a 30 anni ciascuno per gli omicidi di altre due prostitute, la marocchina Fatima Didou e la 67/enne Cosima Guido

Il sospetto degli inquirenti, però, è che il curriculum criminale di Maurizio Minghella non sia ancoa completo Il 30 settembre dello stesso anno, la corte d’ Appello di Torino conferma le condanne che Maurizio Minghella ha subito in primo grado, ma, per una complicata questione di procedura, gli riducono la pena da due ergastoli a uno. L’8 giugno 2005 la prima sezione penale della Cassazione, presieduta dal giudice Mario Sossi, conferma la condanna all'ergastolo.

 
 

Accusato dalle nuove tecniche di indagini. E’ il serial killer di donne con più vittime

Niccolo' Zancan - LaStampa.it

23/10/2008

TORINO - Maurizio Minghella, 54 anni, vorrebbe uscire per un giorno dal carcere di Napoli. Ha firmato la domanda per ottenere un permesso. Dopo la condanna a tre ergastoli, dopo nove omicidi, dopo rapine e violenze carnali in serie, dopo un’evasione durata tre giorni che risale al 2003, vorrebbe tornare libero almeno per qualche ora. Permesso negato. Salvo sorprese, non gli sarà concesso mai.

Secondo gli investigatori lui è il serial killer più feroce della storia italiana. Non solo per quello che i processi hanno stabilito con condanne definitive, ma per quello che presto si potrebbe chiarire. La squadra mobile ha riaperto sette vecchi fascicoli, omicidi avvenuti nel Torinese. Se le sue responsabilità saranno provate, grazie a nuove tecniche, Minghella diventerà l’assassino seriale italiano di donne col maggior numero di vittime: sedici.

Nel 1978 massacra sei donne a Genova, è arrestato e condannato. Liberato, si trasferisce a Torino dove tra il 1996 e il 2001 ne uccide altre tre: Fatima ‘H Dido, marocchina; Tina Motoc, moldava; e Cosima Guido, 63 anni. Viene arrestato nel marzo 2001 dai detective del vicequestore Marco Basile. Smascherato da Dna, impronte e testimonianze. Condanna definitiva nel 2005. Sempre ergastolo. La squadra «cold case», coordinata dal capo, Sergio Molino (pm Sandro Ausiello), ha riaperto 7 fascicoli. Sette donne massacrate tra il ‘96 e il 2001. I nomi: Floreta Skupe, 23 anni; Nadia Shehu, albanese di 22; Carolina Gallone, 66; Loredana Maccario, 53; Heriona Sulejmani, 16, strangolata in un bosco; Atli «Elisa» Isaku, 22; Ebe Romano, 35, uccisa sul greto di un torrente. Il pm nel 2004 fu costretto a chiedere l’archiviazione. Indizi «insufficienti».

Il caso di Nadia Shehu è tra i più emblematici. L’avevano trovata all’alba del primo agosto ‘97. Stesa fra stracci, rifiuti e bottiglie rotte, sul pavimento di un’ex concessionaria Alfa Romeo, rifugio di disperati e tossicodipendenti. Dentro il capannone abbandonato in via Botticelli, Nada Sheu aveva gridato senza potere essere sentita. Si era difesa con tutte le sue forze: la minigonna rosa era alzata, il top rosso strappato le lasciava scoperto un seno. Strangolata con la tracolla della sua borsetta. Quasi una firma.

Ma le tracce genetiche rilevate sulla scena si erano rivelate troppo labili per tentare una comparazione. Anche le impronte digitali - seppur coincidenti in alcuni punti con quelle del serial killer - erano parziali. Quindi inutilizzabili.

L’annegato

Ora si riparte da qui. I rilievi del ‘97 possono essere riletti con nuove tecniche. L’idea è nata dopo il lavoro degli esperti della scientifica sul cadavere di un marocchino, annegato ai Murazzi il 15 luglio. Riaffiorato 12 giorni più tardi, il corpo era irriconoscibile. Anche le impronte digitali sembravano inutili: si era formato il cosiddetto guanto epidermico, quando la pelle si stacca e si perdono tutte le linee papillari, ombre, creste e minuzie. Eppure fotografando quei poveri resti in digitale, attraverso un sistema di luce radente, i poliziotti erano riusciti a evidenziare i segni distintivi che rendono unica ogni persona.

Era solo il primo passaggio. Gli esperti hanno messo in risalto le minuzie attraverso ingrandimenti computerizzati, poi hanno inserito il file nella banca data Afis, il cervellone che contiene tutte le impronte digitali rilevate in Italia. Un motore di ricerca che verifica l'eventuale coincidenza fra l’ultimo dato inserito e gli altri. Così la scientifica di Torino era riuscita a risalire al nome del marocchino, così sta per analizzare le impronte lasciate dall’assassino di Nadia.

 
 

Il pugile schizofrenico che strangola e dimentica

Diciotto anni di prigione; Liberato, torna a uccidere

Massimo Numa - LaStampa.it

22/10/2008

Maurizio Minghella aveva 18 anni. Casa a Genova, al Giro del Vento, quartiere dormitorio, dedalo di palazzoni popolari e un paio di discoteche. Fine anni ‘70. In Liguria, le Br uccidono e rapiscono magistrati e manager. Lui fa il piastrellista e per i giornali dell’epoca è il «Travoltino della Val Polcevera». Pugile dilettante, naso rotto e muscoli scolpiti. Basso, robusto e simpatico. Alle spalle una famiglia difficile e una serie di traumi da manuale psichiatrico.

Orfano di padre, da bimbo vive col nuovo compagno della madre, ubriaco e violento. Ai periti spiega: «Avevo un sogno, afferrarlo da dietro le spalle, strangolarlo con un laccio, per impedirgli di picchiare mamma». Tutte le sue vittime strangolate con corde, cinture, lacci, calze, foulard. Poi la morte del fratello in un incidente di moto. Così addolorato da nutrire una morbosa attrazione per i morti in giovane età. Eccolo impegnato in macabri tour nelle camere ardenti di ospedali e cimiteri, per osservare in diretta i cadaveri e il dolore senza fine dei familiari. Sposa una minorenne genovese che ha una gravidanza extra-uterina. Lui racconta: «Un giorno le venne una terribile emorragia, usciva il sangue, tanto, un fiume. Mi inginocchiai per fermarlo con le mani ma non ci riuscivo».

Diagnosi dei periti: «Soggetto cluster-b, psico-nevrosi isterica». Cioé: «Disturbo istrionico di personalità, caratterizzato da emotività eccessiva e caricaturale e dalla ricerca di attenzione». Infine disturbi dissociativi: «Stanno a indicare non la dissociazione psichica della schizofrenia ma una condizione in cui una funzione psichica, come la memoria, è separata dalle altre funzioni mentre di solito è integrata. Comprende l’ammesia associativa (dimentica contenuti psichici passati con significato emotivo e traumatico) e l’ammesia isterica, la fuga dissociativa».

Ragazze normali

Il quadro è questo. Negli anni genovesi, le vittime le sceglie tra ragazze normali: la vicina di casa, la commessa, quella conosciuta in discoteca. Ha una vecchia 500, ruba moto e auto. Nessuno lo teme, tutti si fidano di lui. Finalmente arrestato, prima confessa, poi ritratta e accusa: «Mi hanno torturato». Sulla schiena di Anna Pagano, una delle sue vittime, scrive con il pennarello rosso: «Brigate Rosa».

Condannato all’ergastolo finisce a Porto Azzurro: 18 anni di carcere, un mito per tutti i direttori. Servizievole, gran lavoratore, rispettoso delle regole. Nel ‘95 ecco la libertà vigilata. Decide di trasferirsi a Torino, assunto come falegname nella cooperativa «Piero&Gianni» del Gruppo Abele di don Ciotti, dove la sorveglianza è un eufemismo. Entra ed esce come gli pare. L’istinto omicida lo porta verso le prostitute, i soggetti più indifesi. Doppia vita. Conosce Monica, torinese di buona famiglia. Convive e ha un figlio (il cognome non è Minghella). La sua vita ha i ritmi del mattatoio: sevizia, violenta, strangola, oltraggia i cadaveri. Monotono, mai una variante. Donne giovani o anziane, scelte nei quartieri dove via via si trova ad abitare o lavorare. Non ha mai ammesso nulla ma ai periti confida: «Durante i rapporti sessuali, a volte, mi viene un terribile mal di testa e non ricordo nulla».

 
 

Maurizio Minghella, il serial killer di prostitute

Di Enrica Papetti

17 giugno 2008

Uccide le prostitute, come nei fumetti, quelli di sesso violento che è solito leggere. Lui è Maurizio Minghella, classe 1958, definito da tutti il più grande omicida seriale d'Italia. E' un uomo come tanti, ma con una mente malata che cova un odio smisurato per le donne, le sue vittime.

Ma andiamo con ordine e ricostruiamo la storia di questo assassino e dei suoi efferati omicidi. Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958. E' un pugile dilettante e ama passare ore e ore all'obitorio per vedere da vicino i cadaveri e la disperazione dei familiari. E' considerato da tutti "minus habilis", la sua personalità si capisce fin da subito che è un po' particolare (eufemismi a parte...). Il padre è un uomo violento. Minghella assiste spesso alle percosse che sua madre deve continuamente subire; in un colloquio con gli psichiatri, dirà di rammaricarsi per non averlo ucciso strangolandolo con una corda. Proprio durante questi anni così difficili, "cova" nella sua mente la serpe della morte che, per lui, diventa un tamburo battente.

Minghella ha bisogno di uccidere, perché quando ammazza si eccita. E le sue vittime sono le donne, in particolare prostitute.

Ne uccide una dietro l'altra e più loro si agitano, cercando di fuggire, maggiore cresce in lui il desiderio sessuale. Gli omicidi iniziano il 9 aprile 1978 con la prima vittima, Anna Pagano, 20 anni, una prostituta "tossica". Viene ritrovata con il cranio fracassato, le gambe e la schiena ricoperte di scritte che alludono alle Brigate Rosse. Minghella ha seviziato la vittima, conficcandole nella cavità anale una penna. Qualche mese più tardi, è la volta di Giuseppina Jerardi, 23enne, trovata priva di vita all'interno di un'automobile. Passano undici giorni, e, il 19 luglio, viene ritrovata Maria Catena Alba, detta Tina, di 14 anni, con il corpo nudo legato ad un albero, morta per strangolamento.

Ma il delitto più efferato di Minghella è quello di Tina Motoc, 27 anni con un bambino di 2. Il capo della Omicidi, Marco Basile, davanti al cadavere maciullato della donna, non riesce a trattenere vomito e lacrime. La scia dei delitti sembra inarrestabile. Condannato all'ergastolo nel 1982, il serial killer continua a professarsi innocente. In carcere la sua condotta è ineccepibile: Minghella si comporta bene, è un tipo tranquillo, non dà problemi. Nel 1995 ottiene il "premio" della semilibertà. Può uscire nelle ore diurne per lavorare. Minghella trova lavoro come falegname nella comunità del Gruppo Abele di don Ciotti. Lì conosce una donna da cui avrà un figlio nel 1998. Si trova un appartamento dove poter andare a vivere con la sua nuova compagna.

Sembra, dunque, che la sua esistenza, dopo la galera, sia davvero cambiata. Ma non è così. Nel 1996, Minghella si assenta sempre più spesso dal lavoro e, proprio in concomitanza di ciò, avvengono a Torino orrendi delitti di prostitute, violentate e poi barbaramente uccise. La polizia è costretta a riaprire l'indagine ed il primo sospettato non può che essere Minghella. Nel 2003, dopo un'evasione durata qualche ora, il serial killer delle prostitute viene condannato all'ergastolo per l'uccisione di Tina Motoc, Fatima Didou, strangolata con il laccio di una tuta da ginnastica, e la 67enne Cosima Guido, condanna confermata l'8 giugno 2005 dalla Corte di Cassazione.

Dicono che solo una donna sia riuscita a salvarsi dalla furia omicida di Minghella, per un'intuizione psicologica. Il "mostro di Torino", infatti, sente la necessità di essere sempre gratificato sotto l'aspetto sessuale: la sua mascolinità non deve essere mai compromessa. La donna che riesce a mettersi in salvo gli dice: "Tu sei un vero uomo, vorrei essere la tua donna".

 
 

Uccise quattro ragazze a Genova, semiliberta' per ergastolano

GENOVA, 19 febrero 1999

Ha ottenuto la semiliberta' Maurizio Minghella, oggi quarantenne, il serial killer genovese, condannato in primo e secondo grado all' ergastolo, accusato di aver ucciso nel '78, nel giro di pochi mesi, quattro ragazze. 

Soprannominato il ''travoltino della Valpolcevera'' per il suo ''look'' da ''febbre del sabato sera'', Minghella, allora ventenne, semino' il terrore nel capoluogo ligure, antesignano dei delitti seriali commessi lo scorso anno da Donato Bilancia, reo confesso di 17 omicidi.

Minghella, dopo vent' anni di detenzione, ha infatti lasciato il carcere di Porto Azzurro e ora si trova a Torino dove conduce una vita quasi normale: di giorno lavora e di notte torna a dormire in carcere. Il beneficio gli e' stato concesso grazie alla buona condotta tenuta tra le sbarre. I suoi difensori non escludono che fra non molto Minghella possa ottenere l' affidamento ai servizi sociali e tornare a casa, dai suoi familiari, che abitano nel capoluogo ligure nel quartiere popolare del Giro del Vento. L' incubo che a Genova ci fosse un serial killer duro' otto mesi. 

Tutto comincio' l' 8 aprile del '78 cuando venne trovato il corpo senza vita di Anna Pagano, a Costa di Trensasco. La giovane era stata violentata e poi massacrata a colpi di pietra. Sul corpo nudo un foglio con la scritta ''Moro Brigate Rose''. Erano i giorni del sequestro del leader della Dc.

Il 19 luglio la stessa sorte tocco' a Tina Catena Alba, di 14 anni, trovata appesa ad un albero, in un boschetto, a Prelo, in Val Brevenna. Il 21 agosto venne scoperto in un bosco vicino a Manesseno il cadavere di Anna Strambelli, di 21 anni, violentata e strangolata. Infine, il 3 dicembre, l' ultimo delitto di Minghella: Wanda Scerra, di 19 anni, fu trovata morta dopo una lunga agonia, strangolata con la cintura del suo impermeabile.

Quest' ultimo caso porto' sulle tracce del ''travoltino'', frequentatore di discoteche e di prostitute. Il giovane venne fermato e interrogato. Tento' di resistere alle contestazioni della polizia, infine crollo' confessando i quattro delitti. Minghella dopo alcune ore ritratto', accusando di essere stato picchiato per costringerlo a confessare. Venne condannato all' ergastolo.

In seguito, nel '94, fu chiesta la revisione del processo sulla base di una perizia grafologica per dimostrare che il primo delitto non era da attribuire a Minghella in modo da demolire la tesi, sostenuta dall' accusa, dei delitti seriali, tutti concatenati tra di loro. Ma questa istanza venne respinta in aula, al termine del procedimento. (ANSA).

 
 

Omicidi prostitute: 20 anni fa un serial killer

GENOVA, 31 marzo 2001

Aveva 20 anni Maurizio Minghella nel 1978 e faceva il piastrellista, con un breve passato di pugile dilettante ed un presente di piccoli furti d'auto. Condannato all'ergastolo per quattro omicidi, avvenuti alla periferia di Genova tra la primavera e il dicembre di quell'anno, fortemente sospettato per un quinto delitto - mai provato - Minghella e' considerato uno dei primi ''serial killer'' italiani a sfondo sessuale. A scatenare la sua furia - come racconto' lui stesso agli agenti della squadra mobile di Genova - era la vista del sangue mestruale. 

Prima del suo arresto, avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1978 e della confessione - limitata pero' a soli due omicidi - Genova aveva vissuto lunghi mesi con la psicosi del ''mostro''. I cinque delitti infatti avevano analogie inconfondibili: l'assassino aveva strangolato le vittime su automobili rubate, le aveva violentate, dopo averle spogliate e seviziate, in tutti e cinque i casi le ragazze erano in periodo mestruale.

La serie degli omicidi comincio' il 9 aprile 1978, a Trensasco, nell'entroterra nordoccidentale di Genova, quando alcuni pastori trovarono il corpo di una prostituta, Anna Pagano. Aveva la testa fracassata e sul corpo scritte sgrammaticate che alludevano alle ''Brigate Rosse''.

L'8 luglio il secondo delitto, ancora una prostituta. La donna, Giuseppina Jerardi, di 23 anni, venne trovata su un'automobile rubata alla periferia della citta'.

Undici giorni dopo, il 19 luglio, la polizia scopri' il terzo delitto: in uno spiazzo ai margini del torrente Brevenna fu trovato il cadavere di Maria Catena Alba, detta ''Tina'', scomparsa da casa il giorno precedente.

Il 25 agosto venne scoperto il corpo straziato di Maria Strambelli, una giovane commessa barese da pochi anni a Genova. L'ultimo delitto fu scoperto il 3 dicembre, lungo la scarpata che costeggia la ferrovia Genova-Milano: Wanda Scerra, anche lei commessa, era scomparsa da casa il 28 novembre.

Fu proprio nel corso dei frenetici interrogatori successivi a quest'ultimo omicidio che Maurizio Minghella confesso' di aver ucciso la stessa Sciarra e Maria Strambelli. Prove schiaccianti gli attribuirono, nel corso del processo anche gli omicidi di Maria Catena Alba e Anna Pagano. Che lui fosse anche l'assassino di Giuseppina Jerardi non e' mai stato provato.

 
 

Omicidi prostitute: Sciopero fame presunto serial killer

TORINO, 30 marzo 2001

Fa da quattro giorni lo sciopero della fame in carcere Maurizio Minghella, l' ergastolano genovese in semilibertà sospettato di essere stato il serial killer di una decina di prostitute torinesi.

L' ex pugile di 44 anni si trova rinchiuso in una cella delle Vallette dal 7 marzo. L' arresto è scattato per l' accusa di rapina. Nel settembre scorso avrebbe aggredito, violentato e picchiato una giovane albanese nei pressi di Torino, ad Alpignano. Ma è anche indagato per l' assassinio di una marocchina, Fatima H'Didou, avvenuto nel'97 a Caselette (Torino), e per quello di una moldava, Tina Motoc, seviziata e assassinata nel febbraio scorso, a Collegno (Torino). Entrambe sono state strangolate e in entrambi i casi gli inqirenti hanno trovato sul loro corpo del materiale organico dell' omicida.

La magistratura ha ordinato di mettere a confronto il Dna di quei reperti con quello di Minghella. Un' anticipazione della perizia ha riscontrato delle compatibilità che però non dimostrano ancora nulla: solo i risultati definitivi del test, che si avranno a metà della prossima settimana, saranno decisivi per l' inchiesta.

L' ergastolano, condannato nell' 81 a Genova per l' omicidio di quattro ragazze, riceverà oggi in carcere la visita del suo difensore, l' avvocato Enrico Franchini di Genova. Per ora ha sempre respinto ogni addebito.(ANSA).

 
 

Omicidi prostitute a Torino, indagini su ergastolano

TORINO, 29 marzo 2001

Sono per ora solo indizi quelli che hanno portato la polizia di Torino a sospettare che un ergastolano in semilibertà, condannato per aver ucciso 4 ragazze a Genova, si sia reso responsabile dell' uccisione di numerose prostitute nel torinese.

Per collaborare alle indagini sono arrivati a Torino anche gli specialisti della cosiddetta «squadra antimostro» della direzione centrale della polizia. L' uomo, Maurizio Minghella, 44 anni, è in carcere con l' accusa di avere rapinato in febbraio una prostituta ad Alpignano, nel torinese. E' anche indagato per l' omicidio di un' altra e per questo secondo fatto il magistrato inquirente ha ordinato l' esame del Dna.

La notizia che Minghella potrebbe essere un serial killer di prostitute è stata riportata oggi dalla «Stampa». La polizia mantiene il riserbo sull' indagine e sostiene che «è ancora prematuro trarre delle conclusioni». Ma si sa che ha riaperto i fascicoli di almeno 10 delitti avvenuti dal'96 in poi. Ex pugile, Minghella fu definito il'mostro di Genovà per avere ucciso oltre 20 anni fa quattro ragazze incontrate in discoteca.

Condannato all' ergastolo nel'78, semilibero dal'95, è stato nuovamente arrestato dalla squadra mobile di Torino il 7 marzo.

Ad accusarlo della rapina vi sono la descrizione della vittima, una giovane dell' Est europeo, e ad alcuni numeri di targa che hanno portato al suo motorino.

 
 

Serial killer genovese accusato 10 omicidi

TORINO, 11 octubre 2001

Avrebbe compiuto dieci omicidi Maurizio Minghella, 43 anni, il serial killer genovese già condannato all' ergastolo, arrestato lo scorso 7 marzo a Torino, dove era in regime di semilibertà, con l'accusa di violenza e rapina ai danni di una prostituta albanese.

Per due omicidi l'uomo ha ricevuto una misura cautelare, per gli altri otto è stato solo indagato. A Minghella, hanno precisato oggi il pm Roberto Sparagna e la squadra mobile di Torino, è stata inoltre notificata un'ordinanza di custodia cautelare per violenza e rapina ai danni di altre 11 prostitute, quasi tutte extracomunitarie. Il sospetto, confermato in alcuni casi, è che le ragazze si siano salvate miracolosamente dalla furia omicida dell'uomo.

Il serial killer genovese, condannato all'ergastolo nell'81 per quattro omicidi avvenuti nel'78 nel capoluogo ligure, viveva a Torino dal'95, ma soltanto dopo l'omicidio di una romena, a Collegno (Torino) nel febbraio scorso, la polizia, analizzando tutti i delitti di prostitute avvenuti nel torinese dal dicembre del'95, e' risalita a Maurizio Minghella. In particolare, grazie al liquido seminale contenuto in un preservativo ritrovato sulla coscia della vittima, l'uomo ha ricevuto la misura cautelare per l'omicidio di H'Didou Fatima, una marocchina strangolata a Caselette nel maggio del'97.

Il secondo delitto per cui e' stato emesso un provvedimento cautelare è invece quello della romena Tina Motoc, 21 anni, madre di una bambina di due anni, uccisa il 9 febbraio di quest'anno in un canale lungo la tangenziale torinese e ritrovata solo dopo otto giorni.

A incastrare il serial killer sono il telefono cellulare della ragazza, usato da Minghella e dai suoi familiari dal 9 febbraio al giorno in cui è stato arrestato, e un paio di scarponi sui quali è stato trovato lo stesso terriccio del luogo dove è stato trovato il cadavere. Inoltre, attraverso un altro cellulare di proprietà dell'uomo, la polizia ha avuto la certezza che l'ergastolano il 9 febbraio era nella zona in cui è stato trovato il cadavere.

Fino al momento dell'arresto, Minghella era in regime di semilibertà. Usciva alle 17 dal carcere della Vallette per andare a lavorare come falegname in una cooperativa del Gruppo Abele e alle 22 doveva ritornare nell'istituto di pena, tranne nei giorni festivi e prefestivi quando era in libertà dalle 7 alle 22.

Proprio gli orari in cui sono avvenuti gli omicidi e le rapine, tutti dopo le 17, e il loro «modus operandi» (l'aggressore picchiava violentemente le donne, le violentava e poi le rapinava) hanno permesso agli investigatori di collegare gli episodi all' ergastolano genovese, che utilizzava sempre un motorino poi sequestrato dalla polizia e riconosciuto dalle donne rapinate.

Più volte interrogato dagli inquirenti, Maurizio Minghella si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere. Nei suoi confronti il pm Sparagna ha chiesto una perizia psichiatrica per conoscere se al momento degli omicidi e le rapine avesse la capacità di intendere e di volere: i risultati si conosceranno all'inizio del prossimo mese.

Resta il fatto che l'uomo, a detta di coloro che lavoravano con lui nella cooperativa e degli operatori del carcere, si è sempre comportato correttamente, senza lasciare adito a nulla. Un particolare, quest'ultimo, che può spiegare cosa è successo il 9 febbraio quando, una volta giunto nella cooperativa, Minghella ha detto nel pomeriggio di sentirsi male e gli è stato concesso di tornare in carcere.

L'uomo invece non lo ha fatto e, secondo la polizia, è andato a uccidere, Tina Motoc.

 
 


 

 

 
 
 
 
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